di Roberto Bertoni.

Tutto è perduto, almeno per il momento. Il M5S, prigioniero del suo livore e della sua voglia arrembante di conquistare ogni centimetro di quel potere da cui cinque anni fa era stato estromesso con eccessiva foga e precipitosità da un sistema prossimo al collasso, ha commesso l'errore esiziale di negare ai dem persino quei posti di garanzia, i questori ad esempio, che sarebbero spettati loro. Così facendo, hanno ottenuto due risultati negativi in un colpo solo: gettare la maschera e mostrarsi per ciò che sono diventati realmente, ossia un partito piramidale e di sistema che nulla ha a che spartire con la compagine dell'assalto al cielo delle origini, fra scontrini, una rivendicazione di purezza assoluta e pretese francamente eccessive e, talvolta, addirittura risibili nei confronti degli altri soggetti politici. E poi, peggio ancora, hanno confermato implicitamente la bontà delle scelte di Renzi, facendo sembrare il suo Aventino strumentale e irresponsabile, le sue chiusure assurde e irrispettose del Capo dello Stato e la sua posizione che, di fatto, condanna il PD all'irrilevanza, dunque probabilmente all'estinzione, una strategia politica obbligata, quindi saggia, realistica e addirittura responsabile. Al che, cari 5 Stelle, perdonatemi per la durezza ma non posso dirvelo che così: o imparate a far politica o andate a casa. Lasciate perdere, scongelate la miriade di voti che avete ricevuto e lasciateli liberi di ricostruire qualcosa di sensato, tanto a destra quanto a sinistra, perché di una compagine così autoreferenziale e piena di sé, dopo la breve ma intensa stagione renziana, proprio non se ne avverte il bisogno.  
L'aria che si respira è pessima. L'arroganza e la protervia regnano sovrane pressoché ovunque e, pur nutrendo la massima stima nei confronti del presidente Mattarella, non sappiamo davvero quale capolavoro possa compiere per sbrogliare una matassa che ai nostri occhi appare non solo ingarbugliata ma praticamente inestricabile, visto e considerato che non sembra esserci, almeno per il momento, la volontà, da parte di nessuno, di sotterrare l'ascia di guerra, sedersi intorno a un tavolo e ragionare. Al contrario, il solo dire questo induce qualche luminare da social network a blaterare di inciucio, cedimento e altre sciocchezze che nulla hanno a che vedere con il lessico della buona politica e della sana convivenza civile fra diversi che in un luogo chiamato Parlamento dovrebbero incontrarsi e confrontarsi nell'interesse generale. Saranno forse i pensieri di un utopista, non lo metto in dubbio, sarò forse uno che si fa eccessive illusioni, mi è sempre capitato, sarà quel che volete, fatto sta che vedo in giro un imbarbarimento del discorso pubblico che mi inquieta e mi spaventa non poco, soprattutto se si pensa a ciò che sta accadendo oltreoceano, alla Brexit che fra un anno diventerà realtà a tutti gli effetti, alle crisi interne che stanno squassando la locomotiva franco-tedesca e agli innumerevoli guai che un'Italia in frantumi potrebbe arrecare a quel che resta dell'Europa.
Eppure, sarà la mia passione per Gramsci, sarà che peggio di così credo che proprio non possa andare, sarà la gioventù, sarà quel che vi pare, ma non ho mai avuto tanta, disperata, rabbiosa, sincera voglia di occuparmi di politica. Perché una sinistra in questo Paese ci vuole: non un surrogato, una finta, una listarella elettorale messa su alla bene e meglio a tre e mesi dalle elezioni, con qualche ottimo candidato, qualche testimonial di prestigio, la buona volontà di tante persone perbene e la speranza che la furia sociale contro chi ha governato, malissimo, negli ultimi anni premi almeno in parte anche noi. Ciò che occorre è un partito vero, solido, strutturato, in cui non si rottami nessuno e si ascolti chi ne sa di più, in grado di vivere e agire nel Ventunesimo secolo ma senza dimenticarsi che c'è stato un prima, in grado di ragionare in termini moderni ma senza pensare che tutto ciò che è antico e chiunque abbia i capelli bianchi vada per forza accantonato, leggero nel senso calviniano del termine ma pesante, pesantissimo, nell'approfondimento teorico e nella costruzione di una visione del mondo che vada al di là di un tweet. Una sinistra ci vuole perché c'è una comunità spaesata che magari stavolta si è affidata ai 5 Stelle o persino alla Lega, che magari non è proprio andata a votare, che magari ha votato PD per paura dei "barbari", ma senza alcuna convinzione, o LeU con l'auspicio di poter ricostruire qualcosa, se non subito, magari in un futuro non troppo lontano; insomma, che lo scorso 4 marzo si è  divisa e coriandolizzata come non mai. Una sinistra ci vuole perché esiste in natura e se non le si dà una casa saranno guai per tutti, anche perché la ferocia degli ultimi e degli esclusi non sta più bussando alle nostre porte ma le ha già da tempo sfondate. Una sinistra ci vuole perché dobbiamo smetterla di avere il terrore di essere noi stessi. Una sinistra ci vuole anche per l'Europa perché non saranno le formazioni manageriali di pseudo-destra e pseudo-sinistra, talora racchiuse sotto un'unica bandiera come nel caso di Macron, a salvare il Vecchio Continente dall'avanzata dei populismi xenofobi e repressivi che ormai dilagano dappertutto. Una sinistra ci vuole per tornare a ragionare insieme, per tornare a spezzare insieme il pane, per riunire nuovamente il socialismo e il cattolicesimo democratico, per ricostruire anzitutto un lessico condiviso e liberarsi di parole aberranti che talvolta hanno fatto capolino anche dalle nostre parti. Una sinistra ci vuole, infine, perché la chiedono milioni di giovani, e se non la trovano continuano a cercarla altrove: là dove viene promessa loro un minimo di dignità, là dove le loro idee vengono quanto meno ascoltate, là dove non vengono trattati come fannulloni, schizzinosi o quant'altro bensì rispettati nel proprio dramma esistenziale di precari e di sfruttati, in un mondo del lavoro ridotto ormai a una giungla o, peggio ancora, a un mercato, in questa deriva del linguaggio che ha reso consumistico e ultra-liberista persino il vocabolario.
Per questo guardo con favore a tutto ciò che si sta muovendo in queste settimane, a tutte le iniziative che sono state promosse o lo saranno a breve, a tutti coloro che stanno chiedendo un incontro, un appuntamento, una riunione o un qualunque altro momento di condivisione nel quale guardarsi negli occhi e chiedersi cosa siamo e, soprattutto, cosa vogliamo essere in futuro, quale eredità vogliamo lasciare ai nostri figli, quali prospettive vogliamo offrire loro ora che ogni utopia sembra essere svanita e il solo pensare di poter contribuire a modificare, sia pur impercettibilmente, lo status quo viene considerato una chimera.
Una sinistra ci vuole anche per restituire alle chimere un minimo di possibilità di realizzarsi, altrimenti basta la destra: per conservare tutto così com'è, chi meglio dei conservatori dichiarati? Se poi si scopre che persino Salvini vuole provare a cambiare qualcosa, sia pur in una direzione che personalmente considero quanto di più sbagliato possa esistere, forse qualche domanda, amici e compagni, sarà il caso di porcela, non trovate?
Liberi e Uguali non è andato come è andato perché ha candidato Bersani e D'Alema, come ho letto da più parti, in analisi oggettivamente ingenerose e prive di quel minimo di riconoscenza che un tempo caratterizzava la sinistra e  i suoi militanti più appassionati, ma perché Bersani e D'Alema, e non solo loro, hanno fatto ciò che andava fatto troppo tardi, dopo aver sopportato a lungo una deriva che andava contrastata con la massima fermezza fin dall'inizio. Poi c'è tutto un prima, per carità: gli errori storici sono innumerevoli e potremmo scriverci un'enciclopedia ma è altrettanto vero che i primi a votare 5 Stelle oggi sono i giovani e non lo fanno perché D'Alema nel '99 ha bombardato la Serbia ma perché non è stato in grado, e non certo solo lui, di lasciar intravedere a questi ragazzi una prospettiva diversa dal precariato, dall'umiliazione e dallo sfruttamento sistematico delle proprie energie e delle proprie risorse.
Per questo una sinistra ci vuole, ore più che mai. Ora che tutto sembra essere perduto, anzi lo è, come detto all'inizio, ora che la dignità delle persone è messe a repentaglio, ora che viviamo nella costante incertezza del domani, ora che nemmeno il presidente Mattarella sa come formare un governo e a chi affidarlo, ora più che mai bisogna riorganizzare una sinistra ampia, costruttiva, plurale, rispettosa, propositiva, priva di alcun rancore, con una classe dirigente rinnovata ma non arrembante, con un vocabolario nuovo ma non composto unicamente da slogan privi di senso, con una cultura generale vasta, con una flessibilità mentale che le consenta di commettere meno errori rispetto al passato e con un europeismo autentico e visto come missione di vita anziché strumentale e inteso come una mera fuga dal concetto di identità. Sì, urge una sinistra identitaria, costituzionale e patriottica e, proprio per questo, ancora più europeista e favorevole a tutto ciò che di straordinario questo sogno nato nel dopoguerra ci ha offerto e potrebbe ancora offrirci, senza però nascondere all'opinione pubblica le sue innumerevoli tare e il fatto che, così com'è, è destinato a trasformarsi in un incubo.
Una sinistra ci vuole e noi siamo davanti a un bivio: o facciamo politica e proviamo a costruirla o continuiamo a dividerci e alziamo bandiera bianca. Nel secondo caso, però, risparmiamoci almeno l'ipocrisia di versare lacrime di cocodrillo sullo sfascio del Paese.

P.S. I migliori auguri di buona Pasqua ai miei quindici lettori!

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